Quante parole usiamo ogni giorno e quante ne sprechiamo? Quanto tempo sacrifichiamo in nome della velocità, dell’efficienza e del tutto e subito?
Oggi desidero parlarvi di una silloge che per me è diventata una vera e propria coccola quotidiana. È uno di quei libri che tieni sul comodino o in giro per casa e, nel mentre la vita ti scorre tra le mani, lo osservi, lo sfogli e trovi sempre qualcosa in grado di risolvere quell’istante che percepisci vivendo.
Franco Marcoaldi, parola dopo parola, ci accompagna in una quotidianità fatta di bellezza semplice, di natura, di cieli stellati e terre arse. Un controcanto di domande e riflessioni a un’esistenza dove i protagonisti spesso sono maschere di se stessi volte al compiacimento.
Una vita forse ordinaria, che non ha gran bisogno di squilli, grancasse e campane.
Quando tutto si ferma e si scende dal palcoscenico, cosa resta di sé e di quella pantomima?
Di quelle parole scritte e riscritte, di cui poco sai della portata, briciole di gioia in un mare di scontento?
Marcoaldi ci spinge a interrogarci sul vero valore del linguaggio e del silenzio.
La parola, dono o pena concessa all’umano vivere, sarà poi privilegio? Accresce o toglie valore alla realtà? E se invece di sperperare parole, le rimirassimo in silenzio come fossero dipinti?
In queste pagine ci rincorreremo nella speranza di liberarci delle ombre riconoscendoci per quel poco che siamo, inerpicate sulle scale della vita. L'autore ci invita a fare una pausa, a osservare chi va e viene senza sosta, auspicando che prima o poi ci si fermi, magari scoprendo che la casa della mente ospita molte più stanze di quel che immaginiamo.
Con la consapevolezza di quanto sia curioso stare sempre a far conti, pur sapendo che i conti nella vita non tornano mai.
Questo libro è diventato per me un compagno di quotidianità, uno scrigno di emozione e una risorsa preziosa, proprio come una stella, il cui unico e magico compito è quello di brillare.
Sola, bella e lontana. Senza mischiarsi con nulla, senza far comunella.
Se sei alla ricerca di una lettura che ti inviti a riflettere, a fermarti e a riscoprire la bellezza nelle piccole cose, allora Una parola ancora è il gioiello che stavi cercando.
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Una vita forse ordinaria, che non ha gran bisogno di squilli, grancasse e campane.
La parola, dono o pena concessa all’umano vivere, sarà poi privilegio?
Di quelle parole scritte e riscritte, di cui poco sai della portata, briciole di gioia in un mare di scontento.
E se invece di sperperare parole, le rimirassimo in silenzio come fossero dipinti?
Ciò che rischiara inquieta e nell’opacità ci si acquieta.
Sola, bella e lontana. Senza mischiarsi con nulla, senza far comunella.
Qui è tutto un mercato, tutto un trafficare. Vi prego: commutatemi la pena, io proprio non ho niente da scambiare
Tutti che partono, tutti che arrivano, tutti che corrono, tutti che vanno. Ma quando, mi chiedo, quand’è che finalmente stanno?
Cosa ci dice il canto della pioggia? Che il palpitare è universale. Tanto per chi sta sotto l’acqua, quanto per chi è al riparo di una loggia.
Nota: Le citazioni e i versi, sono tutti tratti dal libro "Una parola ancora" di Franco Marcoaldi, edito da Einaudi